Siamo tutti turisti dell’orrore? E’ etico esserlo?

Il turismo dell’orrore, anche noto come dark o black turism significa visitre luoghi legati a morte, sofferenza, atrocità o altri eventi macabri. Sebbene il termine sembri relativamene recente, è una pratica antica che oggi viene meglio definita grazie ai buoni livelli di vita e sicurezza raggiunti.

Un tempo la morte e la sofferenza erano sotto gli occhi di tutti, come anche l’attrazione per questi era chiara. Basti pensare che Romani si recavano al colosseo per vedere degli uomini combattere fino alla morte, o come ancora accade in alcuni paesi estremisti, le esecuzioni in piazza che attraggono folle di persone.

Quindi è innata nell’essere umano una certa attrazione per l’orrore e le cose sgradevoli che richiamano sofferenza e morte. Sono innumerevoli i programmi televisivi, film e serie che trattano di omicidi, true crime o eventi disastrosi ed è indubbia la loro popoloratà che ha portato a produrne di nuove.

A questo punto bisogna chiedersi quanto sia etico utilizzare l’orrore realmente accaduto come forma di intrattenimento e visitare gli scenari di morte e sofferenza. La risposta dipende da due fattori chiave: il modo in cui viene presentato il luogo da visitare e la capacità di interagire del visitatore.

Luoghi come il campo di concentramento di Auschwitz, visitato anche in ambito scolastico, sono un occasione di arrichimento culturale in grado di far comprendere le atrocità del passato e le ragioni dietro di queste. Il visitatore può raggiungere un nuovo livello di consapevolezza degli errori passati e delle ragioni disumane che hanno portato a un tale disastro.

Lo stesso si può ottenere visitanto campi di guerra, prigioni, stanze di tortura e siti colpiti da cataclismi, ricordando così gli aspetti meno felici della vita e la crudeltà di cui il nostro genere o la natura è capace.

In alcuni casi, il turismo dell’orrore, grazie all’afflusso economico generato, permette di preservare dei luoghi che altrimenti sarebbero rasi al suolo e dimenticati. E’ il caso di Pompeii o la casa di Anna Frank. In altri casi, più di recente, sono nate attrazioni turistiche macabre esclusivamente disegnate per generare profitto e mancando di rispetto nei confronti delle vittime con l’offerta di suovenir, negozi e ristoranti.

Il secondo fattore etico in questa nicchia turistica, è l’approccio del visitatore. Infatti, a prescendire dalle buone intenzioni culturali dell’esposizione, la visita ha delle regole non scritte che la rendono etica e rispettosa nei confronti di chi viene ricordato. Ecco alcuni dei comportamenti che si dovrebbero evitare a tutti i costi: fare dei selfie, raccogliere e portare con se qualcosa, sporcare il luogo, limitarsi alla visita senza informarsi sull’accaduto, scherzare o fare rumore.

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